martedì 10 febbraio 2009

tps - L´Italia al tempo degli Illuminati

Tps - L´Italia al tempo degli Illuminati e´ un saggio politico economico che si propone di analizzare l´attuale crisi finanziaria e politica, proponendo soluzioni concrete, e che coniuga, in modo alquanto orginale, il pensiero di Muhammad Yunus e di Milton Friedman.
L´autore e´Giammario Battaglia.
Il libro puo´essere acquistato qui al costo di €.10,00. Nel prezzo sono comprese le spese di spedizione.






martedì 18 novembre 2008

LA TRIBUNA PER L´AZIONE NEL SOCIALE

IL NOSTRO MANIFESTO

meno imprese pubbliche +
meno tasse +
meno interessi personali +
meno corruzione =
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piu´ imprese con finalita´sociali


L´attuale sistema capitalista offre agli uomini la possibilita´di perseguire, soltanto, il massimo profitto personale, attraverso, un solo tipo di impresa, che definiremo di tipo tradizionale.
Quindi, chi desidera perseguire il benessere collettivo, non lo puo´fare seguendo le regole dell´attuale sistema capitalista, ma, si deve porre al di fuori di tale sistema.
Infatti, ogni anno, miliardi e miliardi di dollari “escono“ dal sistema capitalista per venire destinati ad enti senza fine di lucro, da parte di comuni cittadini o imprenditori, al solo fine di “riparare“ alle ingiustizie del sistema capitalista, in quanto tale sistema non contempla il benessere collettivo.
Tali risorse, invece, potrebbero essere utilizzate all´interno del sistema capitalista per produrre ricchezza non a vantaggio di singoli, ma a vantaggio della collettivita´, se i Governi istituissero e disciplinassero, normativamente, l´impresa con finalita´sociali, la quale diverrebbe un´impresa concorrente dell´impresa di tipo tradizionale .
Infatti, se con l´impresa di tipo tradizionale l´imprenditore perseguira´ il massimo profitto personale, con l´impresa con finalita´sociali, l´imprenditore perseguira´il benessere collettivo.
L´impresa con finalita´sociali, infatti, e´un´impresa che funziona allo stesso modo di un´impresa tradizionale, soltanto che, gli azionisti non hanno dividendi, ovvero, possono ritornare in possesso, soltanto, del capitale investito, al saggio dell´interesse semplice.
E grazie all´introduzione nel nostro codice civile dell ´impresa con finalita´sociali verrebbe meno l´utilita´ dell´impresa pubblica, obsoleto retaggio dell´ideologia comunista, corrotta, inefficiente, triste fucina del clientelismo politico.
Grazie a tale innovazione, qualsiasi privato che ha a cuore, il benessere collettivo, e non soltanto il massimo profitto personale, potrebbe, liberamente, gestire qualsiasi servizio di interesse generale.
Basti pensare a cosa accadrebbe se un gruppo di imprenditori desse vita ad una multinazionale italiana con finalita´sociali per la gestione del patrimonio idrico?
I cittadini potrebbero usufruire dell´acqua da un´azienda privata, ma al reale costo del servizio, a tariffe libere dal peso della corruzione e del clientelismo politico.
Lo Stato finalmente libero dal peso delle imprese pubbliche o miste, nazionali o locali, potrebbe finalmente abbassare le tasse, rendere il lavoro autonomo non piu´subordinato al lavoro salariato, finanziare la produzione e non piu´i consumi.

RELAZIONE

Da una ricerca condotta dalla Ipsos e´emerso che il 49% degli italiani e´pessimista riguardo la situazione economica dell´Italia.
Ben il 65% ritiene peggiorato il proprio tenore di vita negli ultimi anni.
Oggi, a quasi una generazione dal collasso dell´ex Unione Sovietica, vediamo diffondersi, ovunque, un senso di delusione, nei confronti del capitalismo, e, degli effetti della globalizzazione.
In Italia, piu´di qualche economista, si e´spinto ad affermare che, e´finita l´eta´dell´oro, la fiaba del progresso continuo, della globalizzazione, e che il fantasma della poverta´sta bussando alle nostre porte.
Secondo Giulio Tremonti: “Dopo la morte del comunismo anche il liberismo ha perso. Comunismo e consumismo si sono trionfalmente fusi in un nuovo materialismo“.
Ma, e´davvero così? Il capitalismo e´davvero finito?
In verita´, se guardiamo quello che accade nel mondo e, non soltanto in casa nostra, possiamo notare come, invece, il capitalismo continui a prosperare.
Gli affari crescono.
C´e´un vero boom del commercio globale, la corsa dello sviluppo tecnologico non accenna a rallentare e le grandi multinazionali sono penetrate nei mercati dei Paesi in via di sviluppo ed in quelli dell´ex blocco sovietico.
Ben 400 milioni di cinesi sono usciti dalla fascia di poverta´.
Il capitalismo, quindi, non e´morto, anzi... e´in ottima salute.
Purtroppo, i benefici di tale sviluppo non sono per tutti.
E questo avviene non solo in Italia, ma in tutti i Paesi del Mondo.
Basti guardare alla distribuzione globale del reddito: il 94% del reddito globale va al 40% della popolazione mondiale, mentre il restante 60% ne riceve solo il 6%.
Meta´del mondo deve vivere con due dollari al giorno e quasi un miliardo di persone addirittura con meno di un dollaro.
In America 46 milioni di persone sono prive di assistenza sanitaria. Una vera vergogna.
Come mai avviene tutto questo?
Assodato che il comunismo e´morto, ed al contrario di quanto afferma Giulio Tremonti, non si e´fuso con il liberismo, e che, solo attraverso la globalizzazione si e´in grado di garantire ai poveri una quantita´di benefici superiore a qualsiasi altra strategia, come mai l´ideologia liberista grazie al libero mercato e non incontrando piu´alcuna reale opposizione non riesce a far uscire dalla poverta´tutta la popolazione mondiale?
Come mai vi sono cosi´ tante Nazioni che proseguono senza sosta nel loro cammino verso la prosperita´ ed altre che restano sempre piu´indietro?
Come mai, in Italia, l´economia e´ immobile e la societa´italiana e´ tra le piu´diseguali nelle economie occidentali a causa della bassa mobilita´sociale?
L´Italia, dal 1980 in poi, e´stata capace di negare a chi e´nato povero di salire sull´ascensore sociale.
A tali domande non si puo´rispondere come ha fatto Roger Abravanel affermando semplicemente che tale insuccesso e´dovuto essenzialmente alla mancanza di meritocrazia, che porta alla sfiducia nel merito, ed additando la famiglia come la pricipale causa di tutti i mali.
Ma, e´veramente così?
E´l´istituzione familiare la causa di tutti i mali?
Roger Abravanel dimentica che tra il 1950 ed il 1980 l´Italia in fatto di crescita e´stata migliore sia dell´Europa sia degli Stati Uniti.
L´Italia in quel periodo e´cresciuta del 4,5% rispetto ad una media europea del 3,5% e degli USA del 2,2%.
Tutto questo proprio per merito dell´imprenditoria familiare, basata sul legame familiare, sulla forza delle nostre tradizioni culturali, della nostra capacita´di inventare, di costruire, di fare, della nostra incrollabile fede.
Gli italiani senza saperlo hanno sperimentato e fornito al mondo intero gli ingredienti per superare l´attuale crisi di un sistema capitalista votato, soltanto, al massimo profitto personale.
Pertanto, il profondo senso di delusione verso il sistema capitalista, non e´colpa della famiglia, ma, anzi, e´dovuto al fatto che il capitalismo ha perso di vista le vere ragioni della propria esistenza, ovvero di operare a beneficio della collettivita´.
Infatti, quando, anche, gli italiani hanno incominciato a disconoscere le proprie origini, a considerare il modello familiare superato, a disgregarlo, a perseguire, soltanto, il massimo profitto personale, la crescita si e´arrestata, lo sviluppo economico e´divenuto beneficio di pochi, poiche´l´attuale modello capitalista e´di per se´incompleto e, pertanto, ingiusto.
In una societa´votata esclusivamente alla massimizzazione del profitto e´naturale che vi sia, oggi, chi non voglia estendere i benefici acquisiti a tutti, e chi, per paura della concorrenza, soprattutto con l´Asia, voglia tornare a proporre un regime di restaurazione, riprendendo come modello il protezionismo alla Bretton Woods, ideologie bandite dall storia come il comunismo od il fascismo, oppure inefficaci come quella socialista, che non riconosce la famiglia come unita´produttiva ed il lavoro autonomo come efficiente forma di sussistenza e che considera l´imprenditoria una qualita´rara; che ritiene che sia meglio lottare per l´appiattimento dei redditi; che propugna di combattere la poverta´mediante la creazione di posti di lavoro per tutti; che raccoglie il denaro per riversarlo in progetti faraonici; che investe capitali in aziende pubbliche con la speranza di innescare una partenza a razzo dell´economia, su scala locale e regionale, con migliaia di nuovi posti di lavoro ed un effetto di trascinamento capace di trasformare i poveri in cittadini abbienti e tassabili.
E´una bella teoria, ma l´esperienza e lì a dimostrarci che non funziona, perche´non ci sono le condizioni necessarie per uno sviluppo di questo tipo.
Basti pensare al Mezzogiorno d´Italia, dove negli ultimi 20 anni sono stati sperperati 3800 miliardi di euro, per costruire cattedrali nel deserto, e dove la disoccupazione e´a livelli intollerabili ed inaccettabili per qualsiasi societa´civile.
La Sinistra Italiana e´così affezionata a questa strategia perche´non conosce altro tipo di lavoro al di fuori di quello salariato, ed e´talmente legata, ancora, al concetto di massa che il Partito Democratico, nella sua organizzazione annovera il responsabile delle iniziative di massa.
Il capitalismo non e´un demone da combattere.
La globalizzazione non e´stata preparata da Illuminati o da fanatici, ma e´e costituira´ una straordinaria opportunita´per eliminare la poverta´, se l´ideologia capitalista sara´in grado di non ridurre piu´concettualmente le persone a puri lavoratori o consumatori, partendo dall´assunto che gli esseri umani non sono creature ad una sola dimensione per le quali conta solo il denaro, quale unica fonte di motivazione, di soddisfazione e felicita´, ovvero che tutto sia riconducibile alla massimizzazione del profitto personale.
Essendo, pertanto, il sistema capitalista attuale un modello incompleto, non ha senso ne´demonizzarlo; ne´propugnare un ritorno ad uno Stato accentratore e dirigista; ne´farneticare la costituzione di entita´formate da superconsulenti sovraordinate allo Stato; ne´ritenere, come ha scritto Roger Abravanel, che l´uso della meritocrazia, all´interno di questo sistema imperfetto, possa costituire la panacea di tutti i mali.
Infatti, se il capitalismo restera´tale, teso esclusivamente alla massimizzazione del profitto, qualsiasi processo meritocratico all´interno di tale sistema potrebbe contribuire a creare solo e soltanto dei campioni del profitto personale.
La meritocrazia avra´senso come strumento da applicare all´interno del sistema capitalista, se, nel frattempo, il sistema capitalista sara´capace di evolversi e, prendendo spunto, anche, dall´esperienza italiana degli anni cinquanta, dara´la possibilita´agli uomini di perseguire o l´obbiettivo della massimizzazione del profitto o il benessere sociale, poiche´tali obbiettivi sono alternativi fra loro, in quanto inconciliabili.
Prima di applicare qualsiasi processo meritocratico, occorrera´, quindi, completare il sistema capitalista tramutando la filantropia in un´impresa concorrente dell´impresa tradizionale, introducendo all´interno del nostro codice civile l´impresa con finalita´sociali, distinguendola dall´impresa tradizionale e dalle cooperative, i cui vantaggi sono soltanto per i soci.
Con l´introduzione dell´impresa con finalita´sociali, il business sociale diverra´ il pezzo mancante del sistema capitalista.
Chiunque potra´dar vita ad un´azienda autosufficiente che vendera´ beni e servizi, in grado di risarcire gli azionisti solo del capitale investito, al saggio dell´interesse semplice,senza alcun dividendo, operando nel modo imprenditoriale migliore possibile, ma senza perdite, al servizio del pianeta e delle persone.
Le imprese con finalita´sociali si troveranno ad operare al fianco delle imprese tradizionali dedite al massimo profitto. Saranno i cittadini a scegliere, pertanto, da chi acquistare nel libero mercato.
L´inefficiente, costosa ed, in molti casi, corrotta impresa pubblica tendera´gradualmente, pertanto, a sparire dal mercato, per essere completamente sostituita dall´impresa con finalita´sociali, quale naturale evoluzione e strumento del sistema capitalista concepito a beneficio della collettivita´, con la conseguenza che si potranno finalmente abbassare le tasse, finanziare non piu´i consumi, ma il lavoro autonomo, le unita´produttive, a partire dalla famiglia.
Nel mondo, alcune Nazioni stanno gia´procedendo verso questa direzione.
E´il caso del Bangladesh, definito da Nixon “un caso disperato”, ma che ha ridotto negli ultimi anni il tasso di poverta´di ben 34 punti di percentuale, grazie all´Istituzione della Greemen Bank e di altre 25 imprese con finalita´sociali, ad opera del premio Nobel per la Pace del 2006, Muhammad Yunus, o della vicina Francia, dove e´nato addirittura un fondo d´investimento aperto (mutual funds) in cui gli azionisti hanno conferito parte dei capitali per investirli in imprese con finalita´sociali, un modo innnovativo per reperire finanziamenti per il benessere sociale ricorrendo ai normali mercati finanziari. Un grande passo nella direzione di un nuovo ordine economico in cui il business sociale trovera´la propria collocazione accanto alle aziende orientate al profitto.
Anche l´Italia ora deve, pero´, fare la sua parte.
Per questi motivi, mi appello a Lei, on.le Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio Italiano, affinche´si adoperi per presentare in Parlamento, al piu´presto, un disegno di legge per introdurre e disciplinare nel codice civile l´impresa con finalita´sociali, affinche´questo nuovo tipo di impresa possa sostituire, definitivamente l´impresa pubblica, obsoleto retaggio dell´ideologia comunista, inefficiente, corrotta, costante freno alla liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici.
I cittadini non aspettano altro.
Basti pensare ai benefici che potrebbero avere i cittadini se un gruppo di imprenditori decidesse di costituire la prima impresa multinazionale italiana con finalita´sociali per la gestione del patrimonio idrico. Un impresa senza dividendi, che garantirebbe agli investitori di recuperare soltanto il capitale investito, al saggio dell´interesse semplice, ed alle popolazioni di disporre dell´acqua al reale costo del servizio, ovvero di pagare tariffe, libere dal peso della corruzione, del clientelismo politico, degli interessi personali.
Ogni anno milioni di persone, imprenditori , per dare un senso alla loro vita, fanno la carita´per un totale di miliardi di dollari. Quindi, quale migliore occasione per tramutare le opere di filantropia in imprese con finalita´sociali, che camminano con le loro gambe, che non hanno bisogno di continue donazioni, pronte a reinvestire i profitti per conseguire il benessere sociale.
Tutto questo non e´un sogno, ma realta´.
“Gli uomini hanno sempre finito per ottenere cio´che hanno desiderato veramente e sono diventati cio´che non hanno mai rifiutato” (Muhammad Yanus).


Bibliografia:

Roger Abravanel, Meritocrazia, Garzanti, 2008
Giulio Tremonti, La paura e la speranza, Mondadori, 2008
Muhammad Yunus, Un mondo senza poverta´, Feltrinelli, 2008